#5 Una FFP3 è per sempre

Dopo ventiquattrore di lavoro sotto stress Piergiorgio desiderava solo dormire: spaccare il letto fino a farsi venire mal di schiena. Ma la stanchezza era troppa. Era rimasto per ore seduto in mezzo a letto con la compagnia delle sue fidate Marlboro. Il pacchetto scivolava via, una sigaretta dopo l’altra. Aveva provato a leggere persino il libro scritto da una coppia di blogger/influencer che cantavano, sparavano minchiate, si interrogavano sulla fine dell’universo, ma, nonostante fossero inetti e presuntuosi, li vedeva su tutti i canali tv ed erano ospiti in radio, ma soprattutto alzavano fior di euro senza fare una mazza. Il libro era a colori e cartonato, ma soprattutto venduto alla modica cifra di venticinque euro. Le pagine erano piene zeppe d’immagini in alta definizione che ritraevano questi due minchioni che non facevano altro che raccontare la loro vita. Si può sapere che se ne fanno i lettori di ciò che facevano durante il giorno? Le cinquecentomila copie vendute e il boom al botteghino per il loro film di Natale dimostravano che l’italiano medio era analfabeta e preferiva un influencer a Moravia.

Piergiorgio non era un grande lettore, ma se proprio ne aveva voglia, andava pazzo per le storie noir. E allora come mai teneva quel libro (chiamiamolo così giusto per identificare il bene, ma i libri sono altra cosa)? Piergiorgio era stitico e quindi con due paginette al mattino, svuotava l’intestino senza colpo ferire. Quel pomeriggio, mentre le campane della parrocchia suonavano i rintocchi delle quindici, provava a utilizzarlo come sonnifero, ma ottenne invece l’effetto per cui era stato acquistato: una telefonata intercontinentale sul water.

Si vestì di tutto punto, piazzò sulle orecchie gli elastici della mascherina chirurgica e approfittò della giornata assolata per fare due passi: fanculo il DCPM. Edoardo abitava a due isolati di distanza e aveva bisogno di vederlo per recuperare l’FFP3 con cui avrebbe conquistato il cuore di Marina.

La sera prima, mentre lui scorrazzava in ambulanza vestito come un astronauta, il premier Conte aveva chiuso anche i bar e tutte le attività commerciali ad eccezione di farmacie e supermercati. Sarebbe stata dura, ma di fame non sarebbero morti.

Nel tragitto che da casa lo conduceva dall’amico, non incontrò anima viva, ad eccezione di una BMW serie 6 nera fiammante, che sfrecciava sulla nazionale.  Riconobbe subito Umberto Desiderio alla guida: toscano in bocca e l’aria da chi non ha bisogno di niente e nessuno.

— Coglione, — disse a voce a alta, rivolgendosi alla strada ormai deserta, — se mi capiti sotto mano, non ti intubo!

Al solo pensiero che Umberto potesse insidiare la sua Marina gli prese un nervoso che dai capelli raggiunse la punta dei piedi. Accese l’ennesima Marlboro e iniziò a sbuffare come la raffineria di Milazzo. La prima cosa che suscitò la BMW di Umberto fu un chiodino d’acciaio. Lasciò i neuroni liberi di circolare senza freni e immaginò la sua mano che teneva nascosto un simpatico chiodino dalla testa tonda e l’estremità affilata, poi sognò di passare accanto all’automobile di Umberto. L’immagine finale di una bella linea retta sulla carrozzeria nera luccicante lo fece sorridere. Dopo ore di tachicardia e malessere, il groppo in gola si allentò. Ma a farlo star meglio ci pensò anche il suo amico scrittore Edoardo, che, affacciato al balcone del primo piano, riguardava un dattiloscritto, stringendo una stilo in mano.

—Ehi, scrittore! — gridò Piergiorgio.

Edoardo si sporse.

— Amico – rianimatore. Sei venuto per la mascherina?

— Apri il portone e accendi la macchinetta del caffè, non dormo da più di ventiquattrore e sono un cane pronto ad azzannare.

Edoardo si toccò la tempia con l’indice più volte.

— Sei tutto scemo! Se da un normale cittadino sto lontano un metro… con te rischio di infettarmi anche al telefono.

— Ma che dici? Apri questa porta!

— Aspetta…

Edoardo entrò in casa. Piergiorgio si avvicinò al portoncino d’ingresso, aspettando lo scatto della serratura. Trascorsero i minuti e, visto che dall’interno dell’abitazione non si udiva alcun rumore, si accomodò sullo scalino d’ingresso e accese una Marlboro.

— Piergiorgio! — disse Edoardo, — dove sei finito?

— Mi hai lasciato fuori! Che combini?

Edoardo, attrezzato di tutto punto, mise in un cestino di vimini un paio di guanti, un bicchierino di caffè, un cioccolatino fondente e una mascherina FFP3.

— Non dire che non sono ospitale.

Piergiorgio imprecò contro la Cina, i cinesi e pure coreani, giapponesi e tutto il sudest asiatico.

— Al caffè col mio miglior amico non posso rinunciare. E poi lo sai?

Piergiogio lo guardò con aria interrogativa.

— Sei un rianimatore e se fino a ieri eri l’ultima ruota del carro, adesso potrei aver bisogno di te.

— Lo dici perché te la fai sotto dalla paura, — disse Piergiorgio, mentre indossava i guanti.

— C’è una pandemia…

— Domani avrete dimenticato e tornerete a riempire il culo a mediocri chirurghi e ginecologi affamati di denaro… e noi torneremo a lavorare nell’ombra. In fondo facciamo parte della medicina dei servizi.

— Sei perspicace, amico mio! Tornerete dalla fogna da cui vi avevamo lasciato 30 giorni fa. La serva, serve. — Edoardo sorrise.

Piergiorgio terminò il caffè, tolse i guanti e riprese a fumare. Poi chiese: — Che mi dici del nuovo romanzo?

— Sono a buon punto. Alla base di tutto il mio lavoro c’è la denuncia del complotto cinese contro i libri di un giovane scrittore.

— Tu sei pazzo!

— Vedrai… sarà un best seller!

— Notizie dal regista?

— Il primo libro è opzionato, si parla di un cast d’eccezione.

— Ah si… anticipami qualcosa, domani potrei essere con un tubo in gola e non apprenderei la tua ascesa nel mondo editoriale che conta.

— Sei pronto? Siediti che c’è da avere le vertigini.

— Più che altro le vertigini mi stanno venendo a furia di guardarti dal basso verso l’alto.

— Cicciolina… un grande ritorno per il cinema di genere.

— Scusami, ma non era tutto incentrato sull’asiatica?

— Dettagli, amico mio! Dettagli! Ci sono prospettive in cui gli occhi a mandorla non si noteranno!

Piergiorgio era indeciso se ridere o piangere.

— Se lo dici tu… io vado da Marina a portarle la mascherina!

Edoardo si sporse dal balcone. — Marina! Hai una love story e non mi dici niente?

— Non c’è niente, tranquillo… altrimenti lo avresti saputo!

— Dai… a me puoi dirlo… nemmeno una toccatina di minne?

— Guarda che a me questa ragazza piace assai!

— Marina… aspetta… è la tipa dell’ufficio ticket?

Piergiorgio annuì.

— La bionda fausa col culo che parla?

— Smettila, ti prego… almeno con la donna che mi interessa.

— Sì, scusa. Posso dirti una cosa?

— Certo.

— Hai preso un bel muro di faccia, amico mio. Per non commentare il lato b di una donna, questa ti deve aver preso le budella e le ha riempite di farfalle svolazzanti.

Piergiorgio annuì.

— Ho bisogno una mano. Tu sei uno scrittore… puoi buttare giù una poesia?

— Vuoi recitargliela sotto casa?

— Perchè no?

Piergiorgio salutò l’amico, che, dopo avergli promesso una poesia da manuale del romanticismo, rimase a osservarlo dal balcone del primo piano. I rapporti umani, le strette di mano, l’affetto e le pacche sulle spalle erano un ricordo lontano… il virus made in Cina aveva smantellato tutto.

Piergiorgio tornò a casa, salì sulla sua utilitaria in riserva, e raggiunse casa di Marina, che abitava poco distante dalle assolate spiagge di Vibo Marina. Non sapeva quale fosse il suo appartamento, così iniziò a girovagare nelle palazzine. Dopo quasi un’ora di ricerca trovò il campanello giusto: voleva farle una sopresa! Grazie al centralinista, Mimì Gazzettino, che sapeva tutto di tutti era riuscito a farsi dare l’indirizzo di Marina. Peccato che non gli avesse dato alcuna indicazione sull’interno esatto.

Suonò il campanello e una donna si affacciò al balcone. Ormai il portone non lo apriva più nessuno. I capelli lunghi e scuri le raggiungevano le spalle. Gli occhi erano nascosti dietro un paio di occhiali da sole impenetrabili. Il naso aquilino le conferiva l’aspetto austero da professoressa cacacazzo. Indossava un abito lungo: sembrava Santa Maria Goretti. Le ricordava la sua docente di Latino e Greco del liceo.

— Desidera? — La donna parlava con il muso stretto e il naso all’insù.

— Cercavo Marina.

— Lei chi è?

— Sono un collega. Marina è in casa?

— Non sono fatti suoi. Vorrei sapere come mai è qui?

— Devo parlare con Marina, se non è in casa proverò a ripassare.

In quell’istante uscì un’altra donna. Era fasciata in un abito elegante beige. Piergiorgio pensò che stesse andando a una festa.

— Chi è questo tizio? — chiese. Il tono era straniero, ma Piergiorgio non riuscì a identificarne la provenienza.

— Un collega di Marina — rispose la professoressa, sempre se lo fosse.

— E che vuole?

— Scusate se mi intrometto, ma Marina è in casa? E soprattutto voi chi siete?

— Giovanotto, — esordì la mora, — io mi chiamo Caterina, sono la sorella di Marina, e insegno Storia e Filosofia al Liceo.

Questa è ancor più cacacazzo di quella di Latino e Greco, pensò Piergiorgio.

— E io sono la migliore amica di Marina: duchessa Elizabeth III di Gluecity.

Mizzica, una dama inglese. Piergiorgio si diede uno schiaffo. Di certo erano allucinazioni. Quelle due sembravano uscite da un cartone animato.

— Si identifichi.

— Sono Piergiorgio Morfina, rianimatore.

Le due donne si guardarono all’unisono ed entrambe mostrarono una dentatura perfetta e un sorriso smagliante.

— Perchè non l’ha detto prima? Un rianimatore… che bello! — asserì Elizabeth, mentre rassettava la frangia bionda cenere, che le copriva la fronte.

— Vuole che le chiami Marina? — chiese la professoressa.

— Se possibile, le sarei grata, miss… — Piergiorgio si esibì in un inchino che rappresentava una presa per i fondelli.

— Come mai la cerca, Sir Morfina? — chiese Elizabeth.

— Ho una mascherina da consegnarle.

— FFP3? — chiese la dama inglese, sopresa.

Piergiorgio annuì.

— Deve amarla veramente tanto. Lei lo sa che una FFP3 è per sempre?

Piergiorgio arrossì.

In quel momento Marina si affacciò al balcone. Bella come il sole d’inverno. Forte come le onde del mare in tempesta. I capelli si muovevano morbidi, sollecitati da una leggera brezza marina.

— Ciao Piergiorgio! Mi hai trovato!

— Eh sì.

— Come mai?

— Ho la tua FFP3.

Marina portò le due mani alla bocca.

— Non avrei mai pensato che tu potessi compiere questo meraviglioso gesto nei miei riguardi.

— Figurati… non è niente. Posso invitarti a cena quando il conoravirus se ne tornerà dal buco da cui è venuto fuori? Magari possiamo incontrarci con un po’ più di privacy…

— Sono una donna fortunata, ho ricevuto ben due inviti a cena in meno di ventiquattr’ore.

Piergiorgio la guardò stranita

— Posso sapere chi è l’altro pretendente?

— Ieri al bar del Sisalvichipuò Umberto Desiderio è stato più veloce di te.

Il volto di Piergiorgio si rabbuiò. L’operazione chiodino d’acciaio diventava sempre più una questione di vitale importanza.

— Umberto è un caro amico.

— Ah sì? Non lo sapevo…

Caro amico. Chissà che voleva dire: caro?

— Ci conosciamo da anni. Siamo già stati parecchie volte a cena insieme…

Piergiorgio lasciò correre il discorso. Desiderava soltanto rinchiudersi a casa e meditare la vendetta. Salutò le sentinelle, che durante tutta la discussione erano rimaste a osservarlo.

—  La mascherina te la lascio giù nelle scale…

— Sei stato molto carino. Non lo dimenticherò.

Che voleva dire che erano andati a cena insieme? E soprattutto c’era stato o no il dopo cena?

© Antonino Genovese

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