#7 Evelyne
Piergiorgio era dubbioso. Era arrivato il momento di dichiararsi apertamente? Una poesia poteva bastare per conquistare il cuore di Marina? Le bionde fause dai capelli lunghi, le cosce affusolate e gli occhi ambrati erano le più difficili da conquistare: nonno Turi glielo diceva sempre.
Era meglio aspettare che l’isolamento terminasse per riempirla con una vagonata di fiori? L’incertezza lo perseguitava, mentre consumava una Marlboro dopo l’altra, rinchiuso tra le mura del suo appartamento da single. Bastava un centimetro un po’ più in là o un po’ più in qua per mandare tutto all’aria.
Aprì il frigo: era vuoto. Non faceva la spesa nemmeno al tempo del coronavirus. Mezzo limone ammuffito e puzzolente era l’unico esemplare superstite della pandemia. Per un istante la tachicardia investì il torace di Piergiorgio, ma si rincuorò alla vista dell’unica donna che non lo aveva mai deluso: Birra Messina ai cristalli di sale. Le dodici bottiglie allineate gli fecero passare la crisi ansiosa che stava iniziando a montargli dentro.
Stappò la bionda siciliana e ricopiò con la miglior calligrafia possibile i versi di Edoardo. Erano profondi. Ma da dove venivano quei pensieri? L’ultima volta che il suo amico si era espresso senza dire una parolaccia o regalare frasi maliziose a doppio senso era stato il giorno della prima comunione. Poi si era rivelato per ciò che era realmente: un depravato. Adesso se ne usciva con una poesia alla Pablo Neruda. Niente niente che si era innamorato anche lui? Di chi? Forse un’asiatica?
Piergiorgio ragionava. Aveva bisogno di un piano per conquistare Marina. Non poteva presentarsi sotto casa sua e mettersi a recitare la poesia. Avrebbe balbettato al primo rigo. E poi si sarebbe sentito in imbarazzo. Per non parlare delle sentinelle (Santa Maria Goretti ed Elizabeth II di Gluecity) che gli avrebbero fatto i raggi X. Scosse la testa. Non era fattibile.
Tracannò l’ultimo sorso di birra, mentre i suoi neuroni correvano intorno alla soluzione. Gli sarebbe servita la sua amica del cuore.
Il problema principale era rintracciare Evelyn, la romanaccia. Assegnata a un ufficio della direzione sanitaria di presidio, quindi imboscata, sarebbe stata un’ardua impresa poterci parlare. Tra una missione, una 104, un permesso retribuito e un giorno di ferie, rischiava di incontrarla tra non meno di trenta giorni. Lo sconforto lo colse impreparato, poi lo smartphone squillò. Era l’oroscopo di Nostradamus, che recitava così: “La fortuna vi accompagna in famiglia con davvero bei momenti da vivere insieme ai vostri figli o parenti stretti come nonni o zii, cugini, ecc…”
Minchiate! Era single, isolato, mezzo depresso e con due mongolfiere in mezzo alle gambe che presto gli avrebbero fatto prendere il volo.
Continuò a leggere: “Il fato può portarvi qualcosa di buono soltanto se avete seminato in passato e quindi si tratterà comunque di una fortuna meritata piuttosto che caduta dal cielo. Ottime giornate quelle di venerdì e sabato per provare a giocare ad una lotteria ma ricordatevi di giocare il minimo indispensabile.”
Primo: la lotteria era stata bloccata dal governo. Secondo: venerdì era troppo lontano e non pensava che il coronavurs gli avrebbe lasciato scampo. Terzo: che cosa aveva mai seminato di così importante nella sua vita? Non aveva mai nemmeno avuto un orto! L’oroscopo era un’emerita stupidaggine, creata per i creduloni come lui.
Riprese a fumare. Guardò l’ora: il suo turno di guardia iniziava tra meno di mezz’ora. Si vestì di tutto punto e si scapicollò in ospedale. Aveva lasciato la sua utilitaria con una ruota in un’aiuola. Le ferie erano state revocate a tutti e quindi trovare un parcheggio al Sisalvichipuò Hospital era diventato più difficile che vincere la lotteria Italia.
Tutti i dipendenti del nosocomio erano pervasi dalla folle paura di infettarsi. Non si parlava, non si scherzava e si comunicava a gesti.
Piergiorgio era imbracato al punto che sembrava un Talebano e difficilmente riconosceva i colleghi di lavoro tra mascherine e cuffiette.
Il Sisalvichipuò aveva subito la mutazione tanto temuta, dettata dalla sempre più diffusa patologia del nuovo millennio: il cacazzo.
— Sei tenuta a damme la mia mascherina, capito? Nun mene frega un cazzo se non ne avete! Io nun ce vengo a lavorà se non mi date i dippiì!
Il volto di Piergiorgio si illuminò. Non riusciva a vedere Evelyne, ma sentiva la sua voce. Era lei: la grandissima scassapagghiaro e attaccabrighe romana!
Accelerò il passo. Doveva incrociarla. Voltò l’angolo e se la ritrovò davanti. Stava litigando con Gianna Apnea, che utilizzava i suoi modi garbati per abbassare i toni della discussione.
— Direttore, nun me ne frega niente di niente. Echecazzo!
— Ciao — s’intromise Piergiorgio.
— Dottore Morfina, per favore, non si metta in mezzo anche lei, che già stamattina in questa direzione facciamo scintille.
— Che vuoi pure te? — Evelyne era un toro nell’arena pronto a caricare.
— Non ho potuto fare a meno di ascoltare e posso risolvere io il problema della signora Evelyne — precisò Piergiorgio, rivolgendosi al direttore sanitario, prima di ruotare lo sguardo verso la ragazza.
— Signora sarà tu sorella.
— Dottore Morfina, se ha la soluzione, se la veda lei. — Gianna Apnea voltò le spalle e si allontanò, mettendo in mostra il suo lato b, che non aveva niente a che vedere con quello di Marina. Il fondoschiena del direttore sanitario, più che parlare, assomigliava a una televisione vecchio modello con cinescopio!
— Allora, dimme come mi puoi aiutà, a me serve una mascherina, sennò giuro che a quella le tiro i capelli e glieli faccio magnà.
Piergiorgio ripensò all’oroscopo. Ecco la sua semina: avrebbe procurato una mascherina a Elevelyne.
— Te la do io, conosco il nascondiglio segreto di Gargamella.
— Annamo, a chi stamo aspettanno?
Piergiorgio ed Evelyne, una moretta dall’aria incazzusa e l’occhio sveglio, raggiunsero la stanza del caposala del reparto di Rianimazione.
— Ce vedono tutti. Sei proprio un cojone!
— Statti muta almeno un secondo.
— Nun è che sei juventino? A me i juventini me stanno sur caz…
— Ti ho detto stai zitta, sennò ci fai sgamare!
— Ma sei juventino?
Piergiorgio la ignorò. Era juventino fin dentro il midollo. Nel suo cuore c’era tatuata una “J” e se si fosse tolto la camicia il tatuaggio della Vecchia Signora sarebbe scintillato, ma evitò di rispondere. Controllò il corridoio: era deserto. In cucina intravide la sagoma di Pippo Bibita, giovane anestesista neo-assunto, bello e dannato. Infermiere, ostetriche e dottoresse avrebbero fatto a cazzotti per lui. Si vociferava che fosse ben dotato. Evitò di incrociarlo per non sorbirsi il lungo elenco delle sue innumerevoli conquiste.
Piergiorgio si muoveva rasente al muro e si rivedeva in un film di 007. Per un attimo si sentì Sean Connery, ma poi si voltò, dietro di lui c’era Evelyne. Si rese conto che non era Ursula Andress e che non si trovavano su una meravigliosa spiaggia, ma bensì in un reparto di Rianimazione ai tempi del COVID19.
Raggiunsero la stanza di Gargamella. Si fiondarono dentro. Con maestria Piergiorgio aprì il vecchio e sconquassato armadietto del caposala e con somma soddisfazione trovò un pacco intonso e sigillato di mascherine chirurgiche. Ne afferrò due, poi scappò via, seguito dalla romanaccia.
— Grazie, Pergiò, sei stato n’amico. Hai rischiato per me e questo nun lo dimenticherò.
— Figurati.
— Se posso fà qualcosa pe’ te, sai dove trovamme.
Evelyne gli voltò le spalle per tornare in direzione a sbrogliare carte, ma dopo la semina, c’è sempre il raccolto. Lo diceva l’oroscopo.
— Effettivamente volevo chiederti una cosa — disse Piergiorgio.
— Dimme pure. — La donna gli piantò addosso i suoi occhi picei.
— Sei la miglior amica di Marina?
Evelyne annuì.
— Ho bisogno che le fai avere questa. — Piergiorgio le porse una busta.
La mora la prese e la rigirò tra le mani. La mise in controluce cercando di scorgerne il contenuto — Che cos’è? — chiese.
— Una cosa che vorrei leggesse Marina.
— Perché nun poi dargliela te?
— Insomma… è personale… intima…
— Me sta a salì la glicemia. Nun me dì che è una lettera d’amore?
Piergiorgio alzò le spalle e fece segno che ci aveva quasi azzeccato.
— Preparame l’insulina. Sarà mica ‘na poesia?
Evelyne si diede una manata in fronte.
— Se ci tieni gliela do oggi stesso, ma nun te voglio illudè, l’amica mia è cotta, ha la testa tra le nuvole, gli occhi sognanti, il cuore nello zucchero…
— Non ti ha parlato di me? — chiese Piergiorgio.
— Nun me ha detto niente di niente. E appena me dice che s’è ‘nnamorata, glie spacco la capoccia!
— Ma scusa che hai contro l’amore? — Piergiorgio proprio non capiva.
— Voi uomini siete tutti ‘na massa di stronzi. Ma te voglio aiutà, oggi stesso le darò la tu’ busta.
— Grazie.
— Nun c’è de che. Ma te posso chiedè io n’altra cosa?
— Certo.
— Me procuri una FFP3?
© Antonino Genovese
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